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L’IMAGO Art Gallery di Lugano ospita le opere più recenti di Helidon Xhixha A cura della redazione. A Lugano è ormai di casa, Helidon... La luce verso la materia

L’IMAGO Art Gallery di Lugano ospita le opere più recenti di Helidon Xhixha

A cura della redazione.

A Lugano è ormai di casa, Helidon Xhixha. Dopo la grande mostra a cielo aperto che lo scorso anno ha animato la città con le sue sculture monumentali, l’artista albanese conosciuto e apprezzato in tutto il mondo è nuovamente protagonista di un’importante rassegna in Canton Ticino.

L’esposizione, curata da Beatrice Audrito, è ospitata nelle sale dell’IMAGO Art Gallery di via Nassa e titola emblematicamente Spaces of Light, a rimarcare quanto la luce sia il fulcro attorno a cui ruota l’intera ricerca dello scultore. Le opere raccolte a Lugano, molte delle quali realizzate dall’artista appositamente per questa occasione, sono testimonianza della sua indagine più attuale, una nuova tappa del suo percorso in cui Xhixha reinterpreta suggestioni e temi già trattati in passato, rielaborandoli attraverso un linguaggio che si avvale di soluzioni estetiche inedite. Un ciclo di lavori, dunque, che se da una parte prosegue con coerenza il cammino intrapreso dall’artista fin dagli esordi, dall’altra si fa espressione di un rinnovato approccio alla materia, maturato nell’intento di esplorarne l’interazione con diversi elementi. 

Classe 1970, nato a Durazzo, Xhixha è figlio d’arte. Ed è proprio grazie al padre pittore che fin da bambino è a stretto contatto con la creatività. “Ricordo che quando entravo nell’atelier di mio papà, la cosa che più mi colpiva era il profumo intenso di quell’ambiente, di quei colori densi e materici che lui stendeva con la spatola su tele lunghe quasi dieci metri”, ci racconta l’artista. “Mio padre sapeva che sarei diventato uno scultore”, prosegue Xhixha. “Lo aveva capito guardandomi disegnare, attento com’ero alla resa tridimensionale dei miei schizzi. Ne deve aver avuto poi la conferma il giorno in cui, dopo aver fatto un calco con l’argilla del mio pollice, ricavandone poi la forma in gesso, mi ha chiesto di dirgli quale preferivo tra questa riproduzione esatta del dito e un’altra piccola scultura a forma di pollice che aveva realizzato lui con le sue mani. Senza nemmeno pensarci ho scelto la sua, meno precisa e aderente al vero ma sicuramente più viva. Era la risposta che sperava di ricevere, perché secondo lui il compito di un artista era dare un’anima alla materia”.

Xhixha si forma dapprima all’Accademia di Belle Arti di Tirana, poi in Italia, a Brera, e infine a Londra, alla Kingston University, dove approda grazie a una borsa di studio. Sono anni di sperimentazioni, questi, nonché di confronti con grandi maestri da cui carpire gli stimoli più vicini al suo sentire. “Nel periodo milanese sono andato spesso al Padiglione d’Arte Contemporanea. Qui una delle mostre che più mi ha affascinato è stata quella di Alberto Viani. Le sue opere mi hanno colpito per la resa plastica e per la fluidità delle forme. Un altro grande artista fondamentale per il mio lavoro è stato Jackson Pollock, di cui ammiro la capacità di aver trattato la superficie come un territorio senza limiti”, ci spiega lo scultore.

Il percorso artistico di Xhixha ha come fondamento l’indagine sul materiale. L’acciao inossidabile, in particolare, è il medium da lui prediletto per esprimere la sua creatività. È attraverso questo elemento, manipolato con tempra e abilità, che l’artista esplora le possibilità espressive che scaturiscono dal rapporto tra materia e luce, al fine di donare alla scultura molteplici configurazioni visive. “Fin dalle mie prime ricerche sono stato attratto dai materiali in grado di reagire alla luce. Sono partito col modellare il vetro di Murano perché mi piaceva l’idea della trasparenza che non cela lo spazio circostante. Con l’acciaio, poi, è stato amore a prima vista. È molto resistente e rappresenta l’epoca in cui viviamo. Appartiene alla nostra vita di tutti i giorni. Con le mie opere gli conferisco una valenza estetica discostandolo dal percepito comune che lo identifica come qualcosa di sterile e tecnologico. Sebbene non sia facile da lavorare, è ciò che meglio riesce a tradurre la mia visione dell’arte plastica come negazione della stasi. Grazie alla sua facoltà di riverberare la luce rende vibranti le mie creazioni. É un effetto che con altri elementi sarebbe impossibile ottenere”, racconta Xhixha. 

Talvolta però l’artista ama confrontarsi anche con materiali differenti. Come è successo di recente in occasione della mostra a Forte dei Marmi promossa da IMAGO Art Strategies e curata da Beatrice Audrito, rassegna in cui Xhixha ha presentato sculture in cui marmo e acciaio dialogano tra loro, in una sorta di incontro tra antico e contemporaneo. In queste opere la pregiata pietra molto cara ai grandi scultori del passato viene reinterpretata dall’artista in chiave moderna, acquistando un’inconsueta leggerezza e una sofisticata eleganza. 

Ciò che più colpisce dei lavori di Xhixha è la loro capacità di fondersi con l’ambiente che li accoglie, di riflettere lo spazio circostante inglobandolo nella materia stessa. Le loro forme sono mutevoli, guizzanti, animate da una potente energia interna. Le superfici specchianti enfatizzano, alterano e deformano la realtà in cui sono immerse come fossero un suo seducente prolungamento.  “Amo tutto ciò che è dinamismo. Forse questa vocazione alla fluidità è anche conseguenza del mio essere appassionato di subacquea, a contatto con le correnti sottomarine dai cui movimenti traggo spesso ispirazione”, ci spiega l’artista. “Mi piace poi pensare che l’arte sia come la musica e che fare arte sia come la ricerca di un ritmo. Mentre realizzo una scultura seguo una sorta di suono visivo e quando trovo l’armonia, la sinfonia perfetta, allora considero l’opera conclusa, la forma al pieno della sua espressività. È a quel punto che ritengo di aver raggiunto il totale controllo della materia e dello spazio”.

La vitalità che caratterizza la produzione di Xhixha emerge con potenza anche dai pezzi selezionati per la mostra all’IMAGO Art Gallery, sculture da interno che seppur di dimensioni ridotte rispetto a quelle monumentali collocate nella natura o nel contesto urbano riescono a trasmettere un senso di nobile maestosità. Al pari degli imponenti lavori da esterno, difatti, immediato è il richiamo che queste opere esercitano sullo spettatore, quasi sprigionassero una forza in grado di attirare lo sguardo costringendolo a percorrere l’intera estensione della scultura per coglierne i dettagli così come il palpitante vigore dell’insieme.  

Protagonista assoluta è sempre la luce. Una luce che sottolinea le guizzanti armonie volumetriche e che penetra negli interstizi della materia. Una luce che attraversa i pieni e i vuoti, che scorre sulle superfici lisce e che si infiltra in quelle modellate. Una luce che vivifica la scultura con giochi chiaroscurali sempre mutevoli in cui improvvisi bagliori si alternano a zone d’ombra. Una luce che ogni volta reinventa l’opera. “La luce è fonte di energia e di vita. Scalda lo spirito. La mia è un’indagine incessante sulla luce nella sua interazione con la materia. In questa mostra si relaziona non solo con l’acciaio inox ma anche con il corten o con il bronzo. Scivola sugli spazi lucidi, generando vibrazioni e riflessi ogni volta diversi, o su quelli satinati, venendo catturata, assorbita. E poi dialoga con il colore”, rivela l’artista. E difatti nelle opere esposte a Lugano Xhixha sperimenta nuove texture e soprattutto nuovi pigmenti, come accade in lavori quali Torre rossa, Riflesso profondo o Giallo d’acciaio, tutte realizzate nel 2019: “Provengo da un paese mediterraneo e amo infinitamente i colori”, sottolinea lo scultore. Le campiture verniciate con tinte primarie o con il bianco e il nero vengono così accostate alle zone dominate dall’acciaio specchiante creando contrasti inediti e al contempo inconsuete corrispondenze. 

Acciaio, luce e colore, dunque. Sapientemente connessi tra loro da Xhixha grazie alla capacità che suo padre era sicuro possedesse: quella di dare un’anima alla materia. 

Photo: Helidon Xhixha ©Four Ticino

 

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