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Il secondo pilastro è morto? A cura di Mario Geniale – Chief Investment Officer – Managing Director Asset Management – Banca CIC. Interessi negativi,... Banca CIC

Il secondo pilastro è morto?

A cura di Mario Geniale – Chief Investment Officer – Managing Director Asset Management – Banca CIC.

Interessi negativi, crollo delle borse: il cosiddetto “terzo contribuente”, cioè il mercato, fornisce un apporto sempre più limitato alla creazione del patrimonio di vecchiaia. Con un’aliquota minima di conversione teorica del 6,8%, una cassa pensione svizzera, per far fronte ai propri impegni, deve realizzare un rendimento annuo del 5%. Il vostro giovane vicino vi guarderebbe in modo strano e vi direbbe: “Non sta dicendo sul serio vero?”

Molte casse pensioni presentano una strategia con una quota azionaria del 25% e investono circa due terzi del loro patrimonio in obbligazioni oppure tengono liquidità che, al momento, produce nel migliore dei casi un rendimento pari a zero. In altre parole, il restante terzo del patrimonio investito deve generare un rendimento del 15% affinché l’intero portafoglio possa raggiungere il rendimento medio desiderato del 5%. E questo ogni anno.

Negli ultimi dieci anni, tuttavia, un rendimento del 15% in genere è stato possibile solo nel mondo dei sogni. Le azioni svizzere ed estere infatti hanno superato questo obiettivo solo quattro volte, gli investimenti in Private Equity ci sono riusciti tre volte, quelli in immobili svizzeri due, gli investimenti in materie prime una sola volta e gli Hedge Fund mai. Non è stato quindi possibile raggiungere l’obiettivo di un rendimento medio del 15%. Per massimizzare il risultato e soddisfare le aspettative degli assicurati, occorre, pertanto, sfruttare in maniera ottimale tutti i parametri. 

Le cronoscalata si vincono in discesa

Spesso gli aspetti meno intuitivi sono quelli decisivi. In senso lato, ciò vale anche per gli investimenti. I portafogli devono essere strutturati, per quanto possibile, in maniera da non subire gli effetti delle oscillazioni di borsa. A tale proposito esistono diversi approcci efficaci: variazione dei settori di allocazione concentrandosi su quelli che si vogliono tenere anche in caso di cali del mercato e gestione attiva degli investimenti con un’attenzione particolare verso i titoli che dovrebbero essere tenuti anche in caso di crollo del mercato azionario. Inoltre è necessario limitare i rischi parassitari e rinunciare, per esempio, a investimenti in valuta estera in quanto questo tipo di investimento cela rischi aggiuntivi che devono essere controllati e compensati. Allo stesso modo è necessario eliminare il più possibile la volatilità dalle posizioni detenute direttamente. Infine, devono essere evitati i valori patrimoniali con un rendimento negativo fino alla scadenza. Se un fondo pensione decide di costruire una posizione in titoli di stato decennali con un tasso di interesse negativo, questa decisione rappresenta un ulteriore ed evitabile ostacolo per il raggiungimento dell’obiettivo di performance.

D’altro canto, anche dal punto di vista del rendimento, occorre saper sfruttare meglio lo spazio di manovra con una strategia d’investimento più aggressiva focalizzata su valori patrimoniali performanti. Adattando la strategia con un aumento della quota azionaria dal 25% al 40%, l’allocazione in obbligazioni e contanti scende a circa il 50%. In questo modo il patrimonio restante deve ottenere un rendimento solo del 10% e non più del 15%. Anche questo risultato non è facile da raggiungere ma, storicamente, negli ultimi 10 anni l’indice azionario svizzero ha centrato l’obiettivo sei volte, il Private Equity addirittura sette volte. Tuttavia, le altre classi di investimento come immobili, Hedge Fund o materie prime, in media non raggiungono questo risultato. 

“Cosa ne è del rischio della componente azionaria?”

Le “previsioni catastrofiche” prendono le mosse dalle performance storiche delle obbligazioni con rendimenti molto più alti di oggi, quando ancora era presente il potenziale per una riduzione degli interessi e conseguenti utili in conto capitale. Tuttavia, il rischio legato ai tassi di interesse indotto da un investimento in obbligazioni indicizzate è oggi troppo spesso sottovalutato. È possibile infatti che l’analisi storica si basi su un indice obbligazionario svizzero le cui caratteristiche sono profondamente mutate negli ultimi 10 anni. La durata media è considerevolmente maggiore, mentre la qualità media è calata. 

In tale contesto conviene anche ricordare l’orizzonte d’investimento delle casse pensioni svizzere. Un destinatario costruisce il proprio avere di vecchiaia nell’arco di tempo che va dal 25° al 65° anno di età e ha pertanto un orizzonte d’investimento di circa 40 anni, durante i quali una certa volatilità può essere accettabile. Infine, converrebbe anche dare un’occhiata a quello che fanno negli altri Paesi. Gli spagnoli, per esempio, hanno in media quote azionarie del 35% e i belgi addirittura del 45%.

Più azioni svizzere in portafoglio

Una maggiore allocazione in azioni svizzere risolverebbe, d’un colpo, molti di questi problemi: nessun costo per la copertura del rischio valutario e una distorsione naturale verso settori difensivi, stabili e generatori di dividendi grazie alle imprese svizzere quotate in borsa, essendo l’indice svizzero composto per lo più da titoli di questa categoria (Nestlé, Novartis e Roche, solo per citare i tre giganti). E per rispondere a coloro che potrebbero argomentare che il nostro “Home Bias” è troppo elevato, ricordiamo che Nestlé genera più del 98% della propria cifra d’affari fuori dalla Svizzera, di cui il 42% in Paesi emergenti in rapida crescita. La quota di azioni in valuta estera viene così ripartita soltanto su quei titoli che non sono presenti alla borsa elvetica e cioè i vari Alibaba, Apple o Equinix ovvero le grandi imprese tecnologiche quotate in borsa.

Numerose possibilità di ottimizzazione

Infine occorre essere sempre attivi e agili e lavorare continuamente sulle proprie posizioni di investimento. In questo modo è possibile avere una posizione in azioni Nestlé nel proprio portafoglio per sfruttare l’effetto di mercato e incassare dividendi e, allo stesso tempo, vendere volatilità con lo scopo di generare premi delle opzioni. Per attuare tali strategie, tuttavia, sono necessari investimenti diretti, che le strategie basate sui “tracker” rendono impossibili. Gli investimenti in fondi dovrebbero essere effettuati soltanto in maniera molto mirata, focalizzandosi sugli investimenti satellite ai fini della diversificazione per ridurre al minimo i costi che ne derivano. Una partecipazione attiva alle emissioni di obbligazioni consente, infine, sia di evitare il pagamento dell’imposta di bollo sia di beneficiare di valutazioni più interessanti rispetto a quelle disponibili dopo l’inserimento del titolo nell’indice obbligazionario nel mese successivo. 

Per poter trarre vantaggio da tutte queste possibilità, in futuro i responsabili degli investimenti di tutte le casse pensioni svizzere dovranno essere molto più scrupolosi affinché i loro assicurati possano ricevere i rendimenti pianificati e sperati. È un percorso lungo e non è certo un’autostrada.

Photo: la sede di Banca CIC in Via Balestra a Lugano

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